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Categoria: Edilizia, normativa – Legge salva coste in Sardegna

Legge Regionale 25 novembre 2004, n. 8
CIRCOLARE ESPLICATIVA DEL 03/02/2005

Oggetto: Circolare esplicativa della L.R. 25 novembre 2004, n.8, recante “Norme urgenti di provvisoria salvaguardia per la pianificazione paesaggistica e la tutela del territorio regionale”

La presente Circolare si propone di dare le prime risposte ed alcuni orientamenti comportamentali non solo agli Enti Locali, in quanto i più diretti interessati nella applicazione delle nuove disposizioni regionali, ma anche a privati cittadini che, a seguito dell’approvazione della L.R. 25 novembre 2004, n. 8, pubblicata nel B.U.R.A.S. n. 38 del 25.11.2004, recante “Norme urgenti di provvisoria salvaguardia per la pianificazione paesaggistica e la tutela del territorio regionale”, hanno inoltrato all’Amministrazione regionale motivate richieste di chiarimenti e di precisazioni in relazione alla portata ed ai contenuti innovativi introdotti dalla legge in argomento nelle materie trattate.

Si è comunque consapevoli che i temi affrontati dalle nuove disposizioni legislative e le implicazioni che ne potranno derivare sono di tale ampiezza e complessità da non poter essere esaurientemente trattati, peraltro in via preventiva, in una circolare, disposta a seguito degli accennati quesiti da parte degli interessati (e pertanto circoscritta agli argomenti da questi ultimi sollevati), che non può avere la pretesa di aver dato esauriente risposta a tutti i problemi che senz’altro emergeranno nella pratica operativa e potranno trovare, soltanto in tale sede, specifica definizione.

1. La pianificazione paesaggistica regionale.

L’annullamento dei PP.TT.PP. da parte del Presidente della Repubblica e, in tempi successivi, dal TAR Sardegna ha prodotto una situazione di precarietà nel sistema di governo del territorio regionale, che si è trovato così privo del principale quadro di riferimento e di coordinamento della pianificazione comunale nella fascia costiera.

La Giunta regionale si è quindi impegnata, al fine di assicurare un’adeguata tutela e valorizzazione del paesaggio, a predisporre e ad adottare, entro dodici mesi dall’approvazione della legge, il Piano Paesaggistico Regionale (P.P.R), ritenuto dal legislatore il principale strumento della pianificazione territoriale regionale, che costituirà, in assenza di altri strumenti di pari livello, riferimento principale per la pianificazione comunale e sovracomunale.

2. Le misure di salvaguardia dell’articolo 3.

Nel ribadire la inedificabilità degli ambiti territoriali di cui al comma 1 dell’articolo 10 bis della L.R. n.45/89 il legislatore, nelle more dell’approvazione del Piano Paesaggistico, ha prescritto alcune limitazioni nell’uso del suolo, tra le quali il divieto di realizzare nuove opere soggette a concessione ed autorizzazione edilizianegli ambiti di cui ai punti a), b) e c) del comma 1 dello stesso articolo 3, escludendo dal rispetto delle citate limitazioni gli interventi che, pur compresi nei suddetti ambiti, ricadano nei territori dei Comuni di cui al 1 e 2 comma dell’art.8 che, alla data di pubblicazione della deliberazione della Giunta regionale del 10 agosto 2004, n.33/1, hanno provveduto all’approvazione del P.U.C., nonché di quelli che, alla stessa data, hanno adottato il P.U.C., corredato dello studio di compatibilità paesistico ambientale, da approvare in via definitiva entro 6 mesi dalla entrata in vigore della legge, e dei Comuni compresi nel Piano Territoriale del Sinis tuttora vigente.

Appare evidente che l’obbligo richiamato nel 2 comma dell’articolo 8, circa l’occorrenza dello studio di compatibilità paesistico ambientale nei piani urbanistici comunali, riguarda sia i P.U.C. in via di definizione, sia quelli già approvati, non sussistendo alcuna ragionevole motivazio e per consentire la regolamentazione degli interventi nella fascia costiera dei 2000 metri dal mare in assenza dello strumento indispensabile per individuare i livelli di sostenibilità delle trasformazioni del suolo.

Anche i Comuni che fossero sprovvisti di tale elaborato, sono pertanto tenuti a predisporre, contestualmente alla redazione dei piani attuativi, lo studio di compatibilità paesistico ambientale, peraltro reso obbligatorio per le zone “F” dallo stesso comma 2 dell’art.8, che costituisce il necessario presupposto finalizzato a supportare le scelte di pianificazione del territorio comunale, a definire le condizioni per le trasformazioni compatibili con lo stato dell’ambiente ed all’eliminazione dei possibili impatti negativi.

E’ altresì evidente che i Comuni i cui territori ricadono nel Piano Territoriale Paesistico del Sinis sono tenuti a recepire nel proprio strumento urbanistico le prescrizioni del suddetto Piano, e che pertanto qualsiasi trasformazione urbanistica potrà essere consentita soltanto dopo la definitiva approvazione del P.U.C. adeguato al P.T.P.

E’ appena il caso di rilevare che, in generale, poiché le disposizioni della legge in argomento non sospendono il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche, gli uffici preposti al rilascio delle predette autorizzazioni continuano ad esercitare gli adempimenti istruttori prescritti, salvo il rispetto dei vincoli riscontrabili in sede di applicazione delle norme di legge.

Allo stesso modo, alle amministrazioni comunali è concessa l’opportunità di poter esercitare l’attività programmatoria in materia urbanistica nell’ambito delle obbligazioni di legge sul procedimento, mentre permangono, per le stesse amministrazioni, le limitazioni previste dalle vigenti disposizioni legislative.
I P.U.C. adottati ed approvati successivamente all’entrata in vigore della L.R. n.8/2004 esplicano comunque una efficacia limitata nel senso che trovano applicazione le misure di salvaguardia di cui alla legge regionale anzidetta.

3. Gli interventi ammessi dal 1 comma dell’articolo 4.

Le misure di salvaguardia previste all’articolo 3 non trovano applicazione per alcuni limitati interventi,elencati nel comma 1, dal punto a) al punto g) dell’articolo 4, che non abbisognano di particolare trattazione,posto che la loro formulazione si presenta sufficientemente chiara e ben delineata.

Per rispondere ad alcune richieste pervenute, si chiarisce comunque che, per quanto riguarda la lettera a), le opere ammesse non devono, in particolare, essere finalizzate a trasformare l’originaria tipologia dell’edificio oggetto di intervento con lo scopo di ottenere unità immobiliari aggiuntive, né ad alterare la destinazione urbanistica originaria in altra destinazione, come, ad esempio, la modifica dall’uso commerciale a quello residenziale, né a modificare il profilo dell’esistente o ad alterarne l’originario impianto planimetrico.

Sono quindi ammessi soltanto gli eventuali volumi tecnici di modesta entità quali, ad esempio, locali caldaia, vani scala e ascensori, nonché manufatti di consistenza irrilevante quali barbecue, legnaia, servizi igienici, ecc., di stretta pertinenza dell’edificio principale.

Relativamente a quanto previsto al punto b), mentre si ritengono ammissibili alcune attrezzature ed impianti di carattere particolare di scarso impatto ambientale che per la loro natura non possono essere localizzati in altre zone omogenee, quali cabine elettriche, condotte interrate per l’approvvigionamento idrico e per lo smaltimento fognario, locali di ricovero attrezzi, pompe di distribuzione carburanti (escluse le pertinenze, come chioschi, bar, locali ristoro, ecc), non rientrano tra gli interventi ammessi i punti di ristoro, gli interventi destinati all’agriturismo ed al turismo rurale, nonché tutte le altre opere destinate comunque a fornire ospitalità e servizi, inquadrabili tra le costruzioni edilizie residenziali, espressamente vietate dallo stesso punto b).

Si precisa inoltre che gli interventi del punto e) si riferiscono a quelli elencati alle lettere b), d), f), g), l), m)e p) dell’articolo 1 della L.R. 16 maggio 2003, n.5, che ha sostituito l’articolo 13 della L.R. n.23/85, riguardanti le seguenti opere soggette ad autorizzazione, che potranno essere realizzate previo parere del solo ufficio tecnico comunale:

1 – opere di eliminazione delle barriere architettoniche in edifici esistenti consistenti in rampe o ascensori esterni,ovvero in manufatti che alterino la sagoma dell’edificio;

2 – aree destinate ad attività sportive e ricreative senza creazione di volumetria;
3 – revisione o installazione di impianti tecnologici al servizio di edifici o di attrezzature esistenti e realizzazione di volumi tecnici che si rendano indispensabili sulla base di nuove disposizioni;

4 – varianti a concessioni edilizie già rilasciate che non incidano sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non cambino la destinazione d’uso e la categoria edilizia, come definita dall’art.3 del D.A. EE.LL., Finanze e Urbanistica n.70/U del 31.01.78, e non alterino la sagoma e non violino le eventuali prescrizioni contenute nella concessione edilizia;

5 – le vasche di approvvigionamento idrico e dei pozzi;

6 – le opere oggettivamente precarie e temporanee;

7 – l’installazione di palloni pressostatici a carattere stagionale.

La lettera f) riguarda l’ammissibilità delle opere pubbliche nei piani di risanamento urbanistico non disciplinati dal comma 2. Rientrano in tale ipotesi i piani di risanamento urbanistico approvati successivamente alla data di pubblicazione della deliberazione della G.R. n.33/1 del 2004, per i quali la normativa consente la realizzazione delle sole opere pubbliche (infrastrutturazioni) previste all’interno dello stesso e indispensabili a dotare l’agglomerato sorto abusivamente delle necessarie opere di urbanizzazione.

Si evidenzia peraltro che per i piani di risanamento urbanistico non è determinata alcuna scadenza per l’adozione e l’approvazione da parte del Comune.

La lettera g) riguarda l’ammissibilità delle opere pubbliche e delle infrastrutture previste nelle aree delle A.S.I., dei N.I., e delle Z.I.R. che possono essere realizzate negli ambiti interessati da piani di dettaglio contenenti la previsione della viabilità, degli spazi pubblici e delle aree destinate ad accogliere gli interventi edilizi, sempreché gli stessi piani siano stati approvati prima della pubblicazione della legge n.8/2004.

4. Gli interventi nelle “aree intercluse”.

Al comma 2 dell’articolo 4 il legislatore regionale, mentre ha voluto esplicitamente escludere, nelle more di redazione del P.R.P., gli interventi da attuare nelle zone omogenee “C” localizzate fuori dal perimetro urbano e dalle frazioni individuate dai Comuni ai sensi della legge n.1228/54, ha considerato ammissibili soltanto quelli compresi nelle zone “C” di espansione immediatamente contigue alle zone “B” di completamento, a condizione che gli interventi medesimi ricadano in aree intercluse tra le stesse zone “B” ed altri piani attuativi in tutto o in parte già realizzati.

La legge regionale n.8/2004 ha quindi implicitamente fatto proprio il concetto del lotto intercluso, di solito di modesta entità quanto a superficie, estendendone la validità ad un ambito territoriale più vasto, con la conseguenza che, nei casi in cui sussistano le condizioni di interclusione fissate dalla stessa legge, possono essere realizzati piani attuativi di iniziativa pubblica e privata, e rilasciate le relative concessioni edilizie.

Per rispondere ad alcune richieste di chiarimenti pervenute all’Assessorato circa la natura giuridica e la portata dei piani di risanamento urbanistico nel contesto legislativo, si precisa che i piani in argomento, pur non essendo esplicitamente citati dall’articolo 21 della L.R. n.45/89 tra gli strumenti di attuazione ordinari del piano comunale, sono da considerarsi, a tutti gli effetti, del tutto equivalenti ai piani urbanistici attuativi, come peraltro espressamente contemplato dall’articolo 37, 1 comma, della L.R. 11 ottobre 1985, n.23, secondo il quale “i piani di risanamento di iniziativa pubblica o privata hanno contenuto,valore ed efficacia di piano attuativo”.

5. Gli altri interventi ammessi dal 2 comma dell’art.4.

Nelle zone classificate dagli strumenti urbanistici comunali “C”, “D”, “F” e “G” la realizzazione delle opere è consentita se, alla data del 10 agosto 2004, le stesse risultano comprese in un piano attuativo vigente (ossia già approvato e convenzionato se di iniziativa privata, ovvero munito della approvazione definitiva se di iniziativa pubblica), e sempreché alla stessa data le opere di urbanizzazione riguardanti il reticolo stradale siano state realizzate in misura tale da determinare “un mutamento consistente ed irreversibile dello stato dei luoghi” che l’Amministrazione comunale dovrà valutare ed attestare in sede tecnica a seguito di documentate analisi ricognitive sul territorio.

A tal proposito si precisa che, al fine di poter determinare l’esistenza di un “mutamento consistente ed irreversibile” degli ambiti interessati da piani attuativi, non si ritiene sufficiente il semplice tracciamento delle infrastrutture stradali preordinato alla loro esecuzione, ma deve essere univocamente ed obiettivamente accertata la “compromissione” del territorio interessato attraverso la compiuta realizzazione dell’intero reticolo stradale così come previsto nel piano approvato e convenzionato.

Per quanto riguarda le zone “F”, preventivamente alla valutazione di cui sopra, dovrà essere verificato il rispetto dell’articolo 6 della legge in ordine al dimensionamento delle volumetrie realizzabili nelle zone turistiche.

Tale verifica può essere articolata nelle seguenti fasi:

1 – dimensionamento dei posti letto turistici secondo i criteri indicati dal D.A. n.2266/83, ridotti del 36%, e calcolo dei corrispondenti volumi adottando il parametro di 60 mc/ab;

2 – computo dei volumi totali esistenti nelle zone “F” costiere, compresi quelli realizzati nei piani attuativi vigenti che, pur non essendo ancora completati, si trovano in condizioni tali da aver determinato il “mutamento consistente ed irreversibile dello stato dei luoghi” di cui al comma 2 dell’art.4;

3 – calcolo dei volumi residuali ammissibili nelle zone “F”, detratti quelli di cui al punto b).

Un valore negativo nel calcolo dei volumi residuali indica il superamento della capacità insediativa massima delle zone “F” turistiche previste dal piano urbanistico generale, con la conseguenza che non potranno essere rilasciate nuove concessioni edilizie nei piani attuativi non ancora completati, in quanto non risulta soddisfatta la condizione prevista all’articolo 6 della legge.

Nel caso in cui i volumi residuali avessero un valore positivo, tali volumi potranno essere assegnati ai piani attuativi vigenti e non ancora completati, attraverso operazioni perequative, fino alla concorrenza della capacità massima prevista per ogni piano.

Gli ulteriori volumi residui saranno resi disponibili per l’individuazione di eventuali nuove zone “F” in sede di adeguamento del P.U.C. al nuovo Piano Paesaggistico.

Il risultato delle operazioni descritte dovrà essere oggetto di specifica deliberazione consiliare, con procedura di approvazione eguale a quella prevista per il P.U.C., nella quale dovrà essere esplicitamente dichiarato il risultato della verifica accennata e la disponibilità residua, in termini di volumi e destinazioni, per ogni piano attuativo ammesso a completamento.

Tale deliberazione dovrà essere trasmessa per gli effetti alla Direzione Urbanistica dell’Assessorato Regionale.

Ritenuto di aver puntualmente regolamentato gli interventi ammissibili nelle zone omogenee esterne edinterne ai centri abitati ed alle frazioni, il comma 2 dell’art. 4 della legge n.8/2004 sospende l’applicazione delle esclusioni dal vincolo di inedificabilità nelle aree di integrale conservazione elencate al comma 1 dell’articolo 10 bis della L.R. n.45/89, nel senso che il comma 2 dello stesso art. 10 bis è inapplicabile, fino all’approvazione del Piano Paesaggistico che provvederà a puntualizzare gli interventi ammessi e quelli esclusi nei diversi ambiti di tutela.

In tema di interventi ammissibili al di fuori dei centri urbani e delle frazioni si evidenzia il caso, oggetto di quesiti formulati da alcune amministrazioni comunali, di zone urbanistiche omogenee ricadenti solo in parte nella fascia dei 2000 metri dal mare e, per il resto, riguardanti il territorio oltre tale fascia.

Al fine di valutare l’ammissibilità degli interventi, l’ambito di che trattasi deve essere considerato con riferimento ai suoi aspetti funzionali, nel senso che possono essere realizzati, anche attraverso apposita rimodulazione, soltanto gli interventi ricadenti oltre il limite dei 2000 metri, sempreché le opere abbiano autonomia funzionale rispetto a quelle astrattamente realizzabili nell’area residua e siano provviste di tutte le eventuali autorizzazioni di rito.

L’ultimo capoverso del comma 2 dell’art.4 prevede inoltre l’ammissibilità di tutti quegli interventi edilizi già fatti salvi dalla deliberazione della Giunta Regionale n.33/1 del 10.08.2004 che, alla data di pubblicazione della stessa, erano in possesso dei prescritti nulla osta ed era stato effettuato il versamento degli oneri concessori,per i quali possono essere rilasciate ancora oggi le concessioni edilizie.

Infine, al 3 comma, viene richiamata l’obbligatorietà della realizzazione delle opere consentite nelle aree boscate, all’interno delle radure naturali.

6. Lo studio di compatibilità paesistico-ambientale.

Relativamente ai contenuti dello studio in argomento, l’articolo 5 riprende, nella sostanza, quanto già contenuto nelle norme della precedente pianificazione paesaggistica, estendendone l’obbligatorietà all’intero territorio dei Comuni ricadenti in tutto o in parte nella fascia dei 2000 metri dal mare e non soltanto limitato agli ambiti di efficacia vincolante, come già prescritto dalle norme su riportate.

A tal proposito è il caso di precisare che i Comuni già dotati di P.U.C. vigente non sono tenuti a predisporre, per la parte di territorio ricadente entro i 2000 metri dal mare, un nuovo Studio di Compatibilità Paesistico Ambientale, ove abbiano già ottenuto in relazione a quest’ultimo, la verifica di coerenza di cui all’art. 31 della L.R. 22 aprile 2002, n.7.

Lo studio, la cui procedura di approvazione ricalca quella già indicata dalla precedente pianificazione paesistica, deve essere allegato, oltre che ai Piani Urbanistici generali, anche ai piani attuativi dei Comuni predetti e deve essere redatto tenendo conto della direttiva 2001/42/CE, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente, emanata dalla Comunità Europea il 27 giugno 2001.
Per quanto riguarda quest’ultimo adempimento, si rileva che la VAS introdotta dalla citata direttiva europea costituisce una estensione della VIA ed ha la funzione di vagliare in astratto tutti gli interventi potenzialmente realizzabili in un determinato ambito territoriale privilegiando quelli di minore impatto, a differenza della VIA che, riferendosi a singoli progetti infrastrutturali, svolge la funzione di tutela dell’ambiente in un ambito spaziale e temporale più ristretto.

Secondo la Direttiva della Comunità Europea la VAS è pertanto costituita da:

a) l’elaborazione di un rapporto di impatto ambientale comprendente:

– il contenuto del piano ed i suoi obiettivi principali nei confronti delle possibili modifiche dell’ambiente;
– le caratteristiche ambientali di tutte le aree che possono essere significativamente interessate dal piano;
– qualsiasi problema ambientale rilevante ai fini del piano, con specifica attenzione alle aree sensibili ed alle aree urbane;
– gli obiettivi di tutela ambientale perseguiti nel piano e le modalità operative adottate per il loro conseguimento;
– i prevedibili impatti ambientali significativi e la valutazione critica complessiva delle ricadute positive e negative sull’ambiente, derivanti dall’attuazione del piano;
– le alternative considerate in fase di elaborazione del piano;
le misure previste per impedire, ridurre e ove possibile compensare gli impatti ambientali significativi derivanti dall’attuazione del piano.

b) la realizzazione delle consultazioni;
c) la valutazione del rapporto ambientale e dei risultati delle consultazioni nell’iter decisionale;
d) la messa a disposizione del pubblico delle informazioni.

7. Le norme transitorie

Nelle more di approvazione del Piano Paesaggistico Regionale l’articolo 8, mentre ribadisce quanto già espresso nella delibera G.R. n.33/2004 circa la validità ed efficacia dei P.U.C. approvati prima del 10 agosto 2004, consente la definizione delle procedure di approvazione del P.U.C. da parte dei Comuni che, a tale data, abbiano provveduto all’adozione del Piano, purché la conclusione del procedimento di approvazione definitiva avvenga entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge.

In relazione al rispetto dei termini di cui al 2 comma dell’art.8, si ritiene conforme alla disposizione di legge, l’atto di approvazione definitiva del P.U.C. conseguente al rispetto delle osservazioni formulate dal soppresso Comitato Regionale di Controllo in merito alle delibere di adozione originaria, purché la deliberazione di approvazione definitiva sia comunque assunta entro i sei mesi di cui al punto precedente.

L’amministrazione regionale, nel ribadire la volontà, già espressa in diverse occasioni, di instaurare con gli Enti Locali un rapporto di concreta ed efficace collaborazione nelle attività di predisposizione del Piano Paesaggistico, invita i Comuni in indirizzo a voler trasmettere, anche se adottato successivamente alla data di scadenza fissata dall’art. 8, il Piano Urbanistico Comunale completo degli studi, delle analisi e dei lavori preparatori già intrapresi in data anteriore al 10 agosto 2004 che, ove ritenuti meritevoli di considerazione per contenuti ed accuratezza redazionale, potranno essere oggetto di valutazione da parte della Giunta regionale ai fini di una più completa conoscenza delle condizioni territoriali e delle sue potenziali previsioni urbanistiche.

8. La realizzazione degli interventi pubblici

Si accenna infine alla realizzazione degli interventi pubblici, finanziati dagli Enti menzionati dall’articolo 7 della legge n.8/2004 e ricadenti negli ambiti di cui al 1 comma dell’articolo 3 della legge medesima, per i quali gli stessi Enti pubblici ovvero le stazioni appaltanti dovranno inoltrare gli atti progettuali, accompagnati dalla documentazione amministrativa, all’Assessorato regionale che ha erogato il finanziamento dell’opera ovvero, nel caso in cui il finanziamento sia costituito da entrate proprie o da fonti non regionali, all’Assessorato degli EE.LL., Finanze e Urbanistica per l’avvio della procedura finalizzata al rilascio del nulla osta della Giunta regionale.

Giova, a tal proposito rilevare che, in relazione all’argomento, le nuove disposizioni non hanno apportato sostanziali modifiche a quanto già contemplato dalla delibera G.R. n.33/2004, consentendo di derogare alle limitazioni previste dalla legge medesima con una procedura che coinvolge la Giunta regionale, la quale, in attesa delle linee guida per la predisposizione del PPR, dovrà valutare la compatibilità delle singole opere con il contesto ambientale nel quale sono inserite, tenendo conto delle implicazioni di carattere economico e sociale.

Al fine di non appesantire il procedimento autorizzativo preordinato alla realizzazione degli interventi di irrilevante impatto sul territorio, si ritiene di dover escludere dalla suddetta procedura le opere di importo inferiore ai 150.000 , che possono essere attuate seguendo i procedimenti ordinari.

9. La sospensione dei lavori per la realizzazione degli impianti eolici.

L’introduzione del comma 3 dell’art. 8 nella legge n. 8/2004, è volta a produrre una sospensione generalizzata dei lavori di costruzione degli impianti eolici, fatte salve quelle situazioni che sono sottratte alla regola generale e che costituiscono una eccezione, caratterizzate dalle seguenti condizioni:
· valida autorizzazione (in difetto o meno di VIA);
· inizio dei lavori antecedente alla data di entrata in vigore della norma (26/11/2004);
· modificazione irreversibile dei luoghi, a seguito dei lavori già eseguiti.
E’ indubbio che le condizioni sopraelencate devono coesistere tutte, per far sì che la sospensione dei lavori possa essere superata.

Per quanto attiene la validità dell’autorizzazione si ritiene non sussista alcun problema interpretativo circa la tipologia dell’atto amministrativo in quanto lo stesso legislatore ha ritenuto non influente ai fini della prosecuzione dei lavori la modalità di procedura seguita dai progetti delle opere, considerando, sotto questo profilo, equivalenti la procedura della VIA e quella della Verifica.

Analogamente non sembra presentare alcuna difficoltà l’accertamento della data all’inizio dei lavori, che può essere facilmente e incontestabilmente rilevata dalle comunicazioni in possesso delle Amministrazioni Locali e dall’attività di verifica e di controllo svolta dall’Assessorato della Difesa dell’Ambiente per il tramite del C.F.V.A.

In relazione al concetto di “modificazioni irreversibili dello stato dei luoghi” si ritiene invece necessario legare la definizione indicata dalla legge a parametri fisici, misurabili e legati in modo logico alla tipologia dell’impianto in realizzazione, ai luoghi nei quali va ad inserirsi e allo stato effettivo dei lavori.

Il cantiere tipo per la costruzione di un impianto eolico articola le proprie attività, con possibili minime variazioni organizzative dei singoli interventi, secondo il seguente schema:
· realizzazione delle viabilità di accesso e servizio:
a) attraverso ripristino e ampliamento di piste preesistenti;
b) attraverso realizzazione ex novo;
· sbancamenti delle aree di sedime degli aerogeneratori;
· scavi di fondazione;
· realizzazione basamenti in cemento armato;
· scavi per cavidotti di collegamento;
· posa in opera cavi;
. realizzazione stazione di trasformazione;
· montaggio piloni e tralicci;
· installazione aerogeneratori.

Quanto sopra rappresenta l’elenco degli indici fisici sui quali misurare lo stato di avanzamento dei lavori e quindi il relativo stato di compromissione dei luoghi interessati.

Si può ancora considerare l’indice rappresentato dal cronogramma dei lavori, espresso generalmente in mesi, per il quale però deve essere fatta una valutazione ponderata, in quanto le prime settimane o i primi mesi di lavoro sono quelli nel corso dei quali vengono effettuate le modificazioni più sostanziali allo stato originario dei luoghi.

La viabilità, soprattutto quando si tratta di interventi su tracciati esistenti, non determina mai una modifica irreversibile dello stato dei luoghi: infatti, le strade di accesso e quelle di servizio possono essere realizzate, data la natura dei luoghi, solo con fondo naturale in terra senza nessuna pavimentazione artificiale e pertanto è possibile ritornare alle condizioni originarie senza particolari interventi, in un arco di tempo ragionevole.

Situazione analoga è riferibile ai lavori di sbancamento che, ugualmente, possono essere ripristinati con lo stesso materiale asportato, lasciando il terreno smosso, che riassumerà le condizioni originarie in un arco di tempo misurabile, nell’alternarsi di 2 o 3 stagioni.

Anche i movimenti di terra conseguenti agli scavi per le fondazioni e per il passaggio dei cavidotti sono riconducibili ai casi precedenti e pertanto ripristinabili attraverso semplici operazioni di reinterro, con un ritorno alle condizioni originarie in tempi sufficientemente brevi.

Si può quindi sostenere che, in un cantiere per la realizzazione di un parco eolico nel quale siano state eseguite una o più delle categorie di lavori sopradetti, ci troviamo in una situazione nella quale non ricorre certamente la condizione di “modifica irreversibile dei luoghi” prevista dal comma 3 dell’art. 8 della L.R. 8/2004:

pertanto i lavori, senza distinzione tra VIA e Verifica, devono essere sospesi sino all’approvazione dei PPR.

In seguito, i parchi eolici che dovessero ricadere in aree ritenute compatibili dal Piano suddetto, se in possesso della VIA potranno riprendere i lavori oggi interrotti, mentre, per quelli sottoposti alla sola procedura di Verifica, sarà necessario attivare la procedura di VIA prima di poter eventualmente riprendere i lavori.

Questo costituisce un primo punto fermo che consente di valutare gli interventi attualmente in corso di realizzazione, attraverso una prima griglia di valutazione oggettiva e facilmente rilevabile.

La casistica delle situazioni in atto però richiede un ulteriore approfondimento che vada a valutare e misurare anche le altre tipologie di lavori in corso.

L’esame delle categorie dei lavori deve quindi proseguire valutando gli interventi che prevedono la realizzazione di manufatti e, soprattutto, il loro impatto rispetto allo stato dei luoghi.

Le fondazioni, realizzate per sorreggere i piloni o i tralicci, dato che quasi non sporgono dal livello di campagna, possono essere interrate e lasciate in loco, senza che questo alteri in modo evidente lo stato dei luoghi, anche se è altrettanto certo che rimarranno inseriti nell’ambiente in maniera stabile e duratura.

In questo caso è molto più difficile individuare la “modifica irreversibile dei luoghi”, dato che la presenza di tali manufatti, ricoperti con terra di risulta, non altera in modo evidente lo stato dei luoghi, ma certamente non è una modifica facilmente reversibile.

D’altra parte è innegabile che la realizzazione dei collegamenti rappresenta un intervento funzionale significativo ai fini della funzionalità dell’impianto.

Caso analogo è rappresentato dalla stazione di trasformazione, la cui realizzazione fisica rappresenta una evidente modificazione dei luoghi, ma la cui reale funzionalità è data dall’esistenza dei collegamenti con gli aerogeneratori e con la rete di distribuzione.

A questo punto è palese che non è più sufficiente riferirsi a soli parametri fisici, ma diviene necessario introdurre una valutazione di ordine economico rispetto al problema in esame, tenuto conto che si tratta di intraprese economiche di soggetti privati che hanno operato, fino ad ora, con le autorizzazioni richieste.

E’ di tutta evidenza che, fatto salvo quanto già detto in ordine alla realizzazione delle prime opere di approntamento che sono reversibili, nel momento nel quale il cantiere ha raggiunto una sua “maturità” funzionale, gli investimenti realizzati e quelli preordinati sono tali da rappresentare un limite di “non reversibilità” dell’opera.

Nel caso dei parchi eolici, così come sono stati concepiti e autorizzati sino ad ora, si ritiene che la “modifica irreversibile dei luoghi”, secondo la definizione data dal comma 3 dell’art. 8 della L.R. n. 8/2004,interviene nel momento nel quale sono state realizzate tutte le opere preordinate a consentire il funzionamento dell’impianto o, dove previsto, ad un lotto funzionale dello stesso.
Per ricondurre questo concetto nel concreto, si ritiene quindi che la condizione sopra enunciata si verifica nel momento nel quale in un cantiere sono state realizzate le seguenti opere:

· completa infrastrutturazione primaria prevista nel progetto approvato (viabilità d’accesso, di collegamento, sbancamenti, etc.);
· realizzazione dei basamenti di fondazione;
· posa in opera dei cavi di collegamento tra singoli impianti e tra essi e la stazione di trasformazione;
· collegamento tra la stazione di trasformazione e la rete di distribuzione dei GRTN.

Secondo questa definizione la presenza dei piloni o dei tralicci, con relativi aerogeneratori, non è da sola significativa in quanto, il solo posizionamento, in assenza dei sottoservizi sopra descritti, non ha nessun carattere funzionale ed è facilmente reversibile.

Questa elencazione di condizioni è applicabile anche ad un eventuale lotto funzionale che fosse stato previsto nel progetto iniziale, fermo restando che gli altri lotti dello stesso impianto andranno invece a ricadere nella generale previsione normativa di sospensione in attesa della elaborazione e approvazione dei PPR.

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